Maria Lluisa Borràs, Arthur Cravan. Una strategia dello scandalo, Johan & Levi, 2012, pp. 222, € 23,00
Raccontare la vita di Arthur Cravan, nom de plume di Fabian Avenarius Lloyd (1887 – 1918), non deve essere stato facile per Maria Lluisa Borràs, in primis a causa della scarsità di notizie riguardanti questo artista, la cui produzione consta di un risicato numero di poesie su una rivista autoprodotta e autodistribuita con un carretto per le strade da Cravan stesso, più qualche locandina di incontri di pugilato cialtroneschi. Eppure Borràs è riuscita a realizzare una biografia molto attenta, capace di mostrare con acutezza il difficile rapporto col padre, l’affetto soffocante di una madre troppo invadente e il rapporto tristemente competitivo col fratello maggiore, oltre ovviamente alla toccante descrizione di amori totalizzanti e burrascosi, pieni di parole dolcissime in lettere conservate dentro a comodini in giro per il mondo.
Il lavoro di ricerca non sarà stato scontato, nonostante che Cravan fosse imparentato addirittura con Oscar Wilde: la zia paterna ne era la moglie, e Cravan stesso nutriva una vera e propria ossessione per il celebre zio, tanto da imitarne in tutti i modi il dandismo sfrenato al di sopra delle proprie capacità economiche. Se infatti la madre per molti anni lo ha sostenuto economicamente nelle sue velleità artistiche, Cravan senza dubbio non ha ricambiato le sue premure scegliendo le donne che più aggradavano la generatrice e condannandosi quindi a una vita di espedienti. Scappa a Parigi all’età di ventidue anni con una corporatura e un talento più da pugile che da poeta. Là entra in contatto con gli artisti più importanti dell’epoca, dando scalpore nelle fumose serate delle avanguardie con eccentrici e scabrosi spettacoli che oggi definiremmo vere e proprie trovate pubblicitarie atte a far emergere il suo nome. Tuttavia l’eccesso delle sue spericolatezze lo resero un vero e proprio ispiratore per tutto il movimento dada e per i surrealisti. Inoltre la sua rivista, Maintenant!, dove scrive praticamente solo lui, è piena di provocazioni che suscitano ilarità di ogni genere e che hanno il tono impositore del manifesto, tanto da lasciar pensare che una qualche influenza sulla composizione dei manifesti delle avanguardie lo abbia avuto.
Quando scoppia la prima guerra mondiale è costretto a fuggire dalla Francia. Ricompare improvvisamente a Barcellona, dove si accompagna con le migliori dame della società catalana e si esibisce come pugile professionista, proponendosi come campione europeo, cosa che infatti è, ma solo per un fraintendimento più che per merito sportivo: Cravan sfida dal nulla il campione europeo, il quale non si presenta. Sfida il campione del mondo statunitense Jack Johnson. L’incontro viene ricordato come una truffa ai danni degli spettatori: Cravan ci mette tutto se stesso, ma Jack Johnson si limita a tenere il suo avversario in piedi per qualche round. La sua reputazione è distrutta ma i soldi guadagnati da quell’incontro gli permettono di scappare a New York, dove entra in contatto con gli artisti europei esuli, che ancora una volta se ne innamorano. Se ne innamora perdutamente anche la poetessa Mina Loy, una eccentrica e effettivamente talentuosa scrittrice britannica accolta con grande entusiasmo da tutti. Comunque sia Cravan non ha risposto alla leva militare e deve scappare continuamente, lo fa travestendosi da soldato ed errando per gli Stati Uniti e il Canada, fino a quando non trovò il modo per andare in Messico, dove sopravviveva dando lezioni di pugilato e grazie a qualche incontro capace di rovinargli la reputazione. Trovi i soldi necessario imbarca la moglie su un transatlantico diretto verso l’Argentina, mentre lui sale su una imbarcazione di fortuna per attraversare il golfo del Messico. Non si saprà mai più niente di lui, scomparirà così nel tramonto di una giornata qualsiasi. Di lui ci rimangono le grida di rivolta, le folgoranti intuizioni poetiche, gli eccessi per richiamare l’attenzione e una vita così folle da sembrare un romanzo inventato da uno scrittore fantasioso, eppure la sua personalità scissa e contraddittoria, pur rimanendo secondaria rispetto ai grandi nomi dell’epoca, rappresenta uno squarcio sul primo novecento capace di mostrare un mondo che ormai sempre irrimediabilmente perduto. Maria Lluisa Borràs ce lo descrive perfettamente.
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