Nasce come uno strumento di contestazione, fin dai suoi esordi è stata valutata come un atto vandalico e illegale. I graffiti un tempo erano considerati un modo per deturpare e degradare i muri degli edifici, oggi la considerazione che abbiamo si è completamente capovolta; infatti, i murales vengono addirittura utilizzati per riqualificare, valorizzare e abbellire interi quartieri e zone del tessuto urbano.
Visto il grande interesse per questo tipo di arte, è nata anche la necessità di una conservazione.
La street art può essere conservata all’interno dei musei?
Dino Origlia nel 1990 scriveva “il graffito non è un surgelato dell’opera da museo, da collezione o da esposizione. La sua accessibilità totalità senza orari è contro il godimento ad ore fisse del museo, è contro quella eutanasia dell’arte che è la museificazione”.Il dibattito sull’arte urbana e sulla collocazione all’interno dei musei e istituzioni pubbliche è un dei temi più discussi nel panorama artistico.
Esistono due fazioni c’è chi sostiene che le opere in strada non andrebbero “strappate” senza il consenso dell’artista e chi, invece, ritiene necessario conservarle e preservarle, sottraendole dagli agenti atmosferici e dalle azioni dell’uomo.
È fondamentale ricordare che la street art è effimera ed è concepita per non durare nel tempo, proprio perché è realizzata in strada e le opere sono vittime di intemperie, agenti atmosferici, allo scorrere del tempo e alla mano dell’uomo. Non va poi dimenticato il contesto in cui è concepita: nasce nelle strade, ne può usufruire qualsiasi passante in qualunque momento.
Qual è il senso di togliere queste opere dal loro contesto urbano?
È ormai risaputo che la street art non va d’accordo con le istituzioni, nasce nei muri delle città per le città, è una denuncia sociale, è una forma d’arte nata per essere libera. Se viene collocata all’interno di un museo perde la particolarità del suo carattere sovversivo.
Dall’altra parte ci sono i conservatori, che vogliono tutelare le generazioni future.
La street art viene riconosciuta a pieno titolo come forma artistica questo implica un inevitabile legame con le istituzioni museali.
Ma è solo il desiderio di proteggerle che spinge a toglierle dalla strada?
Molte opere di street art hanno raggiunto quotazioni altissime, tanto che hanno iniziato ad esportarle dalle pareti, decontestualizzandole dal luogo per cui erano state create, per musealizzarle e fargli perdere il senso e soprattutto la loro funzione.
L’attenzione si sposta quindi dalla forma al contenuto, le opere non sono solo relegate al solo ambito artistico ma in particolar modo a quello sociale. È risaputo che la street art nasce come un modo per comunicare una denuncia, è lo strumento per esprimere un disagio, è il modo per coinvolgere e per richiedere la partecipazione delle persone. Lo scopo principale di quest’arte è quello di inviare messaggi, sensibilizzare le coscienze assopite, rendere l’arte accessibile senza alcuno scopo di lucro.
Non dobbiamo dimenticare, inoltre, che molti street artist vogliono mantenere l’anonimato, conservando l’alone di mistero che serve ad attirare ancora di più l’attenzione e la curiosità del pubblico.
Non ci sono risposte giuste o sbagliate, ma sarebbe opportuno trovare un giusto compromesso fra gli street artist, le istituzioni e i musei. Queste ultime sarebbero in grado di andare incontro a questi artisti creando un grande museo a cielo aperto? Questo sarebbe il giusto connubio che favorirebbe la conservazione delle opere e il restauro nel loro contesto originale, al contempo le persone potrebbero usufruirne liberamente e gli artisti sarebbero liberi di diffondere i loro messaggi di protesta e dissidenza.
No responses yet